venerdì 17 maggio 2019

Sul tetto di spesa dei libri di testo...

Da tanti anni il tetto di spesa per i libri di testo è rimasto invariato. 
Cosa succede. Le grandi case editrici, raccolte in grandi blocchi editoriali, fanno cartello: producono testi sempre nuovi, secondo le richieste dei nuovi programmi con ammennicoli vari, testi semplificati per Bes, per i nuovi italiani, materiali multimediali, quaderni di lavoro. Questi libri, in relazione alle discipline, hanno costi più o meno standardizzati, indipendentemente dalla casa editrice. Inoltre la varietà dei pacchetti con cui poter acquistare i testi è diventata sempre più varia ma paradossalmente poco flessibile.
 A livello di scelta del collegio dei docenti, si diffondono vere e proprie strategie dell’assurdo per rispettare il tetto di spesa
Se per ogni disciplina si sceglie un testo nella media, il tetto di spesa si sfora abbondantemente. 
Possibili soluzioni: 
  • far finta di voler acquistare le versioni digitali e poi in qualche modo convincere i genitori ad acquistare le versioni miste. È un falso. 
  • Acquistare davvero solo le versioni digitali: anche questo presenta dei problemi, per esempio la scadenza del testo digitale, e soprattutto non considerare il supporto per la fruizione del testo all’interno del tetto di spesa. Pertanto, nonostante il tetto si abbassi del 30%, non pareggia le spese iniziali della dotazione. Inoltre le scuole, specie del primo ciclo non sono ancora in grado, capillarmente di permettere connessioni per tutti gli alunni e la disponibilità di connessione non è ancora così diffusa tra le famiglie italiane.
  • Mettere tra le monografie consigliate e approfondimenti testi che di fatto non lo sono, per esempio i testi di discipline come religione, motoria, geografia… questi “consigliati” sono dei falsi perché poi saranno “molto caldamente consigliati”, quasi obbligatori per le famiglie, di fatto rendendo inutile il concetto di tetto di spesa. Certo se un genitore volesse non acquistare il libro sarebbe nel suo diritto, e le classi si troverebbero in situazione mista con alunni con e senza supporto. 
  • Scegliere testi in base al prezzo e non al “valore”. Oltre che annullare la capacità di scelta, è difficilissimo poter fare confronti rapidi sui costi, perché manca un “trova prezzi” per libri scolastici (o non ne sono a conoscenza).
  • Ultima soluzione abolire alcuni libri di testo o tutti, ma questa è una soluzione poco accettata dai collegi, da molti dirigenti perché presuppone un lavoro di équipe o del singolo docente insieme alle classi per produrre e/o ricercare i materiali da utilizzare durante le attività didattiche. 
A questo punto io mi chiedo: c’è qualche scuola che è riuscita a formulare una lista di libri di testo per tutte le materie, senza superare il tetto di spesa? Se c’è, potete inviarmi la vostra lista?

domenica 12 maggio 2019

#FuturaRavenna2019 note a margine

Arrivo dopo un viaggio in treno con tre cambi: regionale/pendolari, frecciarossa, regionale/pendolari. Mi piace viaggiare in treno, nave... la lentezza mi fa percepire le distanze, vicino c’è umanità che si muove spinta da storie diverse. C’è il sole. Le voci dei vicini arrivano piano e intrecciate. Ricostruisco brandelli di vite.

L’altro giorno, mentre preparavo il mio intervento per i laboratori ho scritto questo sulla mia pagina Fb a proposito della mia scrittura “professionale”:
Mi manca il tempo per trascrivere sulla mia pagina pubblica le note e le riflessioni? Mi manca il tempo o la voglia di raccontare gli spunti, le intuizioni, i problemi che incontro e che mi stuzzicano il pensiero?
Cosa è cambiato? Credo solo due o tre cose:
1) forse la cosa più positiva: molte cose che faccio hanno perso l’aura di innovazione e ora ‘bivaccano’ tranquille nella mia routine...
2) l’attività di formazione in giro per la provincia con gli incontri, i nuovi legami è diventata una finestra social molto forte...
3) il mio lavoro ‘oscuro’ e burocratico che da 3 anni porto avanti per la gestione dei PON. È un lavoro pesante, noioso, stupidamente complesso che però permette alla mia scuola di proporre attività. È un lavoro invisibile (a volte io stessa penso di non aver concluso nulla), è un lavoro che sostanzialmente non fa guadagnare consensi, anzi. È un lavoro che riempie pensieri e giornate ma non hai voglia di raccontare...
...e questo, forse, ha fagocitato un po’ tutto.


Ravenna è una cornice bella bella, arrivo con il mio cambio da 24 ore nella borsa. Nella piazza dove ragazzi si sfidano e provano i robot, trovo Roberto indaffarato, vulcanico e pacato al tempo stesso. Si pranza tutti insieme con il sacchetto del pranzo, al sole.

Futura per me è un modo per toccare con mano vecchie amicizie nate nei grandi progetti del MIUR del passato. Sono persone che in questi anni mi hanno permesso di mantenere viva una rete nazionale di fili.
Mentre me ne sto al sole, silenziosa e osservo il vivace affannarsi intorno alla grande scritta rossa e blu per le foto di rito, penso a cosa ho percepito negli ultimi anni come formatrice e come docente.

I processi di formazione, di scambio, si sono pian piano ripiegati sul territorio. Questo non è male, anzi, ha favorito la formazione di un di un gruppo di docenti formatori legati al territorio, utilissimo per la disseminazione e per il lavoro di squadra. A me però qualcosa è mancato: lo scambio concreto tra esperienze fatte in modo diverso. Questo è uno dei motivi per cui quest’anno ho deciso di andare a Firenze per la grande mostra della scuola, di partecipare a iniziative formative regionali più ampie, però è stato un altro vivere, da osservatore.

Con Roberto Bondi tante volte ci siamo incrociati, abbiamo detto “bisogna fare qualcosa insieme”. Guardo all’Emilia-Romagna come un buon modello: ha un’istituzione, il Servizio Marconi, che permette loro di avere un gruppo, di organizzare e muoversi in modo coordinato. Con Anna Rita Vizzari abbiamo condiviso Cl@ssi 2.0, nell’esperienza pioniera. Ci siamo incontrate di persona alla documentazione finale e ci “sentiamo” a distanza sui social (dove ho incontrato in anticipo anche Mariateresa Buglione, DS della scuola che ci ospita)

Io negli ultimi anni ho perso qualcosa. Spesso ho perso la voglia di raccontare e di documentare quello che mi capita di sperimentare. Soprattutto in questi ultimi anni il supporto burocratico dato allo sviluppo dei progetti Pon, mi ha distratto dalla narrazione di quello che mi stava succedendo. Sono stati anni di grande progettazione di grandi successi, tante risorse per la mia scuola. Ho imparato tanto dalla gestione europea e, come ogni volta, mi sono buttata a capofitto e ho dovuto inevitabilmente lasciare da parte altro. Tutte queste cose mi tornano in mente mentre sono al sole.

Ravenna è una bella cornice. Sono giorni interi molto intensi concentrati in uno solo. Contemporaneamente faccio la studentessa e la formatrice. Mi piace questo doppio ruolo in contemporanea. Mi scelgo due laboratori, quello sulla Sicurezza Digitale di Andrea Sella e quello sul Visual Storytelling di Anna Rita. Mi dispiace che gli orari non mi consentano altro.

Il mio intervento sulle scritture aumentate mi obbliga a rimettere a posto gli appunti, le esperienze dell’ultimo periodo a riflettere sul senso profondo del fare. Rimettendo a posto le idee emerge prepotente una tendenza della rete di cambiare rotta, negli ultimi anni, e scivolare verso servizi e contenuti a pagamento. Pertanto la scuola deve ritagliarsi degli spazi gratuiti marginali. Con Annarita discutiamo del fatto che i nostri lavori pian piano si sperdano, ci sono servizi che chiudono, che cancellano i lavori prodotti in questi lunghi anni di esercizio, uno scenario sempre più frammentato.

Penso che il caro vecchio blog possa ancora rappresentare un punto di unione, un vero centro di smistamento di esperienze e di racconto, mi ripropongo di rimettere in ordine le idee (quando tornerò). In questi ultimi periodi ho usato il blog solo come strumento di deposito per la mia attività di formatore, materiali bruti pubblicati a servizio di un incontro.

Nei miei due laboratori incontro altri colleghi e nel racconto di ciò che fanno e ciò che vorrebbero fare, emergono nuove suggestioni (come Andrea, per esempio). Lo dico sempre che imparo più di quanto riesca a suggerire.

In questo giorno di vacanza a Ravenna osservo molto, ascolto, guardo. Ovviamente sono fuori ambiente, oscillo tra il silenzio e nuove relazioni.
Di sera si cena nel Liceo Artistico, con i ragazzi dell’Alberghiero che hanno lavorato per noi. I ragazzi si affannano. Di mattina negli stand i ragazzi giocano e fanno da portavoce e da supporto alle attività dei docenti, mi piacciono. Intanto Luigi suona e i colleghi cantano in attesa delle luci della sfilata dei Robot giocolieri. 

Immagino che come sempre tutti abbiano dovuto lavorare di corsa in tempi brevi con esperienze da montare all’ultimo momento, sempre alla rincorsa del tempo. Tanta roba e poche foto.
Mentre torniamo in albergo, chiacchieriamo con Maria e i suoi colleghi: la loro sperimentazione di Minecraft, essere maestro maschio nella scuola primaria, la scuola dell’infanzia e i nuovi genitori...
Mi dispiace essere stata troppo stanca per andare di sera all’ultimo bar insieme con Roberto, Annarita, Marco del Miur, gli altri del gruppo...

Prima delle attività del mattino dopo, capito per caso davanti ad una scuola primaria dove i genitori portano i bambini in bicicletta. Questa è un’immagine completamente diversa dalla mia realtà. E la bicicletta mi accompagna anche alla stazione mentre aspetto il viaggio di ritorno. Si tratta di biciclette pieghevoli che salgono sul treno insieme a lavoratori pendolari di vario tipo.

Ecco, forse la bicicletta pieghevole è l’icona.


Grazie al MIUR (a Marco Scancarello che è l’unico del gruppo che conosco)
Grazie all’USR Emilia Romagna e al direttore generale Stefano Versari (che mi piacerebbe conoscere) e al servizio Marconi. Grazie a Roberto Bondi e al magnifico gruppo di formatori della Emilia Romagna.