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mercoledì 2 ottobre 2019

i compiti della prof - descrivi l'immagine che hai scelto



L’hotel aveva un’insegna rossa. Le lettere erano squadrare e sporgevano all’angolo della facciata, in verticale. Ogni lettera era agganciata al muro con due staffe di ferro. Nonostante fosse davanti al mare non sembrava che la ruggine le avesse intaccate. Le pareti della facciata erano dipinte di bianco. Un bianco caldo che tendeva al sabbia.tra un piano e l’altro (era un piccolo hotel a tre piani) tre fasce di ardesia un po’ spioventi creavano un netto contrasto.

Ero proprio all’altezza delle lettere “tel”, il sole era quasi perpendicolare e creava una zona d’ombra che sfiorava la parte superiore delle finestre. Le vedevo tutte e due. Erano evidenziate da una cornice di muratura e gli infissi erano di legno appena più chiaro. Ogni finestra era divisa in due parti. Erano di quel tipo che si apre alzando la metà inferiore. Quella più vicina all’insegna era chiusa: un rettangolo grigio-blu segnato a metà. 

Poggiato sull’ardesia c’era un gabbiano. Voltava il dorso al mare. Lo vedevo di profilo, immobile. Sembrava che avesse gli occhi socchiusi, controvento. Il mare dietro di lui era quasi calmo appena striato di bianco. 
La giornata aveva colori netti e decisi, il mare era molto più intenso del cielo che all’orizzonte si schiariva, diventando quasi bianco. Era limpido il cielo. Una piccola nuvola bianca solitaria di allontanava spinta dal vento. 
Il gabbiano invece rimaneva immobile nel vento ma ogni tanto sembrava aprire gli occhi e fissare l’uomo. 

Anche l’uomo aveva il volto rivolto all’uccello. Era affacciato all’altra finestra, quella aperta. Si appoggiava con le braccia sul davanzale e una mano era tranquillamente abbandonata verso l’esterno. Si era portato la tazza del tè e l’aveva poggiata accanto a sè affacciata insieme a lui. Avrebbe finito di bere lì, mentre guardava fuori. 
Indossava un maglioncino grigio da marinaio con il collo a lupetto. Aveva tagliato da poco i capelli. La luce faceva risaltare la dominanza del rosso e disegnava un’ombra lunga sul viso.

Poi c’era la tenda. In alto disegnava una specie di sipario, come a teatro. Poi uno dei due teli, catturato dal vento uscì dalla finestra aperta e si spiegò verso il mare quasi fosse un’altra nuvola, trattenuta questa, che non riusciva a prendere il largo.

venerdì 27 settembre 2019

I compiti della prof - scrivi di te in terza persona, come se scrivessi un racconto con te protagonista, raccontando come sei diventato alla fine del viaggio della scuola media

Anche la prof era cambiata in questi tre anni. Invecchiata? Certamente. Era già da tempo che si riferiva a se stessa come nonnaprof. Lo aveva fatto la prima volta quando i primi alunni avevano iniziato ad avere figli, poi lo era diventata davvero, nonna. Ora anche sua nipote era a scuola e, come era successo per i suoi figli, era diventata uno specchio magico attraverso il quale rivedere in modo ancora più critico il suo modo di fare.
Questi tre anni erano passati in fretta anche per lei. Come sempre gli alunni entravano bambini e crescevano crescevano ma non era prevedibile ancora come sarebbe andata a finire; il senso di accompagnarli nel mondo sarebbe appartenuto, come sempre, ai prof delle superiori. Loro sì che avrebbero intravisto il frutto del loro lavoro.
Come ogni volta si era chiesta perché non ambisse ad insegnare alle superiori. E come sempre (allora non cambiava mai?) si era risposta che due cose le piacevano della scuola media: il miscuglio di provenienze, di storie, di paesi e di esperienze dei suoi ragazzi e poi, o soprattutto?, il sogno che ancora lei potesse fare la differenza. Tra dieci e quattordici anni fare amare la scrittura, riuscire a chiedersi sempre il perché delle cose, non studiare per il voto... era ancora convinta che i suoi alunni fossero abbastanza ‘giovani’ da riuscire ad essere diversi, ovviamente grazie a lei. Era presuntuosa.
E lei? Era cambiata? In questi tre anni come era diventata?
Diciamo che i capelli erano diventati più bianchi. Tanti fili d’argento. Erano stati tre anni faticosi. Era diventata più paziente, anche se le era costato tantissimo. Aveva fatto delle scelte che spesso le famiglie dei suoi allievi non condividevano. E se ne era stata lì per tre anni a spiegare il perché delle sue scelte, a giustificarle... ecco, mentre con i suoi alunni e i genitori parlava, parlava, spiegava... era successo che nel frattempo si interrogasse sul perché della vita, su quali fossero le cose per cui valesse la pena faticare, sugli obiettivi che aveva dentro e di cui a volte non percepisse la presenza. 
La lavagna racconta quello che gli alunni ritengono UTILE per affrontare il viaggio della scuola media.

Aveva anche iniziato a vivere di più il presente, immersa negli attimi. E ora, mentre li guardava, quei ragazzi che facevano l’ultimo esercizio di scrittura, pensava che tutto sommato erano cresciuti, non ne aveva perso nessuno, avevano meno paura della scuola, dei voti, non cercavano di “essere furbi”, erano ancora curiosi come bambini dell’asilo (vabbè si dice scuola dell’infanzia). E lei? Di cosa era curiosa?