lunedì 23 settembre 2019

I compiti della prof - impressioni, connessioni, domande

Classe 1C - lettura albo IL BUON VIAGGIO

IMPRESSIONI
Quando ho comprato questo libro, mi sono lasciata suggestionare dalle recensioni di alcune colleghe, come me appassionate di scrittura e lettura per ragazzi. Poi, quando ho cominciato a sfogliarlo mi hanno assalito i dubbi: le immagini molto belle certamente, ma difficili, così vuote di esseri umani, i colori spesso cupi, il protagonista, vecchio e sempre di spalle col cappotto pesante che lo infagotta, spesso la notte, sì, con la luna ma anche con la nebbia. 
E poi il testo: praticamente una poesia in cui si rincorrono frasi tra loro opposte: è buon viaggio quando sei solo e quando sei in compagnia, è persino buon viaggio quando pensi di fermarti.
Non ero sicura neanche che il libro piacesse a me. Eppure mi catturava. Giravo e giravo le pagine e pian piano scoprivo. Erano le inquadrature. In ogni pagina trovavo un angolazione che non avevo previsto. Ora lo sguardo di chi vedeva il disegno era quasi all’altezza della strada, come se fosse sdraiato per terra, e questa diventava lunga e infinita; ora invece guardava in alto verso il cielo e nel cielo si stagliavano le direzioni possibili; ora l’uomo, in una strana prospettiva era alto quasi o forse meno di un pinguino... 
allora ho deciso che nonostante la solitudine, la difficoltà, la strana tristezza, i contorni rarefatti, poteva essere un buon libro per cominciare.

CONNESSIONI
Quando ero piccola viaggiare non era un’esperienza così diffusa. Tra i miei compagni di classe pochissimi avevano vissuto esperienze di viaggio. Io ero privilegiata. 
Dovevo fare un lungo viaggio ogni anno. Era il viaggio dell’emigrante che ogni estate torna alla sua terra di origine ed era un viaggio lungo. Se ci penso non riesco mai a ricordare quello del ritorno, solo quello di andata. 
Erano i tempi in cui si viaggiava vestiti bene, gli uomini in giacca e cravatta, le donne con un tailleur comodo. Mi ricordo la frenesia interiore che mi prendeva qualche giorno prima di partire, perché si trattava di un’avventura. Sempre. Sopportavo anche l’idea del ritorno a casa, della fine della libertà e della vita solitaria dell’inverno, perché in mezzo c’era il viaggio. Un viaggio vero che durava almeno due giorni: macchina, navi, treno e persino un piccolo tragitto in carrozza. Era un viaggio che assomigliava a quelli che leggevo nei libri, il traghetto aveva lo stesso sapore delle navi di Salgari e salire a dare una sbirciatina su, in alto, dove c’è il timone (all’epoca i comandanti erano molto permissivi con le bambine) rendeva vero il mio essere corsaro nero.
Eppure nella mia vita c’è stato anche un tempo in cui viaggiare è stato tagliare gli ormeggi e sentirsi alla deriva. É stato il tempo in cui, anche se ero giovane ed energica, partire era faticoso e il mare tropo grande da attraversare. In quegli anni ho sofferto il mal di mare, poi è passato.
Mia nonna da piccola mi aveva insegnato un sacco di canzoni e filastrocche. In tutte c’era una barca, un mare, un viaggio. Per me i viaggi spesso hanno inizio e fine in un porto.

DOMANDE, DUBBI e QUESTIONI APERTE
Perché l’uomo sembra un vecchio? Perché è sempre infagottato in un cappotto? Perché non se ne vede il volto? Sono forse io quel vecchio? E di chi è il punto di vista del disegno? I colori scuri sono forse le parti più nascoste e in ombra dei nostri pensieri? 
Se tolgo la parola “viaggio” e la sostituisco con “vita”, il testo funziona lo stesso? Posso parlare con bambini di 10/11 anni della vita? Non sarebbe forse più facile fare un bel riassunto e leggere una storia buffa? ...vabbè, anche le storie buffe parlano della vita e anche i bambini, come me, sono stupiti dallo scorrere dei giorni e sempre si chiedono il perché delle cose (anche se a scuola fanno finta che questo non li interessi per niente, fanno finta. Ed è difficilissimo convincerli del contrario)

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